creative color food

Published on Febbraio 28th, 2020 | by admin

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Crative Color: Rosso

La cucina è a colori, da sempre. I sapori in B/N non esistono e non sono mai esistiti. Basta assaggiare, basta crederci. Chi non assaggia non può capire, chi non guarda, chi non ascolta, non vede. I colori si mangiano; i colori – a tavola – fanno la storia. Si comincia con il rosso: senza compromessi; senza vergogna.

Una tavola imbandita; una come tante, una fra milioni, poggiata stancamente tra quattro pareti e mille odori.
Una tavola imbandita di rosso. Un colore che si muove, fa rumore, invade i bicchieri, i piatti, tutto. Un colore capace di farsi guardare senza essere visto; un colore che sa gridare e anche nascondersi.
Un grappolo di pomodorini, un po’ defilati, in disparte, si affacciano da un’insalatiera. Un po’ incerti, un po’ timidi, cercano di farsi spazio sulla tovaglia. Non parlano, non chiedono nulla, ma conoscono mille storie. Ci parlano del sole accecante, della pioggia che tanto si è fatta desiderare, della terra mai troppo umida, mai troppo generosa che li ha nutriti, coccolati e anche torturati. Si vergognano un po’: sono rossi e non sono d’oro. “Pomi” ma non mele. Troppo piccoli e troppo rotondi ma comunque rossi. E il rosso si fa strada anche nel bicchiere, nei calici, spinge con violenza il sughero e, senza paura, si produce in botti fragorosi. Il rosso diventa liquido, da uva a vino, da ortaggio a salsa.
La salsa, le salse si rincorrono nei cucchiai, scorrono come rivoli di sangue nella carne, nelle carni succulente appena sfornate. La salsa poi impazzisce, niente di più facile. Lo sanno tutti, lo sappiamo anche noi; lo leggiamo nei libri di cucina, quelli da quattro soldi e quelli a cinque stelle. E lo chef, da bravo psichiatra, si siede e aspetta; si siede e ascolta. Prende appunti con il mestolo, cercando di scavare, rimescolare i ricordi, le passioni, le tradizioni di ieri e quelle che, domani, verranno.
Lo chef si prende cura del cibo come e meglio di quanto farebbe un dottore. Il peperone ringrazia; il radicchio applaude. E poi il peperoncino: a lui piace picchiare duro, farti “sentire” il rosso con violenza. Il colore del proibito, del divieto, del pericolo. Ma a tavola i pericoli sono un gioco; giocare con i contrasti, dolce e salato, aspro o vellutato. La forchetta è il nostro telecomando, noi possiamo cambiare i sapori, gli odori. I colori. Ma il rosso resta, si espande, si distende sulla tovaglia; il rosso della cannella e quello del roast-beef; il rosso in bottiglia e quello più violento, più esplicito che si affaccia tra i nervi delle bistecche.
Il rosso, in cucina, è un romanzo, una favola intrigante condita di mille colpi di scena.
C’era una volta un colore; c’era una volta un sapore. Il tabasco il pomodoro, i funghi, le insalate… Le salse impazziscono e noi, a tavola, impariamo. Assaggiare e guardare.
Chi non vede, chi non crede, non si accorgerà dei sapori. C’era una  volta il rosso. Un colore, un sapore. Chi non l’ha visto è meglio che si allontani; chi non l’ha visto diventerà paonazzo.

Rosso di vergogna.


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